Young Report #2 – 4 Passi verso il Sinodo dei Giovani

Pubblicato giorno 30 novembre 2017 - In home page

 

INCONTRO 3 NOVEMBRE 2017 – 4 Passi verso il Sinodo dei Giovani
Relatore: Don Giordano Goccini

Perché partecipare a questo incontro? La risposta mi è stata data dalla mia presenza lì. Non sarei potuto mancare e me ne sono accorto solo mentre passava il tempo ed io lì lo vivevo pienamente, capendo e osservando.
Perché è determinante capire l’importanza della conoscenza della dimora di Gesù?
Questo il primo passo compiuto dal Vescovo Marconi ad introduzione dell’incontro e del Sinodo: dove abiti ci dice chi siamo e tutti necessitiamo di una visione del modo in cui ciascuno abiti la propria vita per capire chi veramente sia e come esista secondo il proprio stile di vita, con il proprio spazio e i propri tempi senza essere in ritardo o in anticipo, ma sempre in perfetto orario con le lancette del proprio cuore.
Sopravvivere è semplice ed è molto diverso da quello che significa abitare il mondo: stare al mondo in maniera piena e attentamente, interpretando la vita e il posto che si ha senza essere catapultati di qua e di là senza cognizione di causa.
È nato in me, con questo incontro, il bisogno di sviluppare una coscienza per abitare tempo e spazio con consapevolezza, voglia di scoprire, di fare il mondo che vivo; vorrei condurre un’esistenza che si possa dire solo mia.
L’intervento del Vescovo si è concluso con una provocazione che, per quanto mi riguarda, è stata ben accolta: un invito a condividere nel servizio, a saper chiedere aiuto alzando la mano quando non si riesce da soli, a divenire complici solidali abbandonando le vesti e le abitudini di mediocri ricevitori passivi.

Dopo il Vescovo si è espresso con un intervento molto incisivo Don Giordano Goccini, un inizio esplosivo che vede il mondo come un’entità che si può e si deve cambiare e nella quale sono i giovani a doverlo fare, sono loro le leve del futuro, le speranze concrete di un mondo che ristagna, senza più stimoli, entusiasmi o appigli tangibili.
Siamo personaggi in una società crepuscolare in crisi che tracolla e tramonta che rischia di non lasciare nulla di concreto a quelli che verranno dopo di noi.
Ma cosa significa essere giovani in questa attualità ? Cosa sono oggi i giovani senza più nessuna rivoluzione da compiere e nessuna voglia di cambiare il mondo ?
Don Goccini vede la nostra società come una grande nave in cui ognuno ha i suoi compiti stabiliti. “I giovani dove sono nel transatlantico che è la nostra pusillanime società ? Sono, ovviamente, nel salone delle feste dove tutto è bello ed addobbato, nel dorato ma fatiscente regno dell’apparenza, dell’abbondanza, delle maschere e delle personalità costruite in un’eterna competizione.
Succede, però, che ad un certo punto la vita diventa dura e scatta in noi giovani come una molla che tenta di buttarci fuori dal nostro mondo conosciuto di comodità e perenne svago; chi prova ad uscire da questo salone perché vuole di più andando oltre, subito torna a rintanarsi da dove era uscito perché il nuovo fa paura e non avere guide in un mondo nuovo che non conosci e non ti conosce fa tremare ancora di più le gambe. Quando dunque arriva la noia l’unica speranza viene riposta nel palcoscenico, il luogo cardine del salone-prigione, dove si può emergere e trionfare sugli altri ottenendo la tanto agognata popolarità.

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La cosa che più mi ha colpito è rendermi conto di quanto sia concreta la perdita del vero senso di essere giovani: la giovinezza come un cantiere, come qualcosa di incompiuto e plastico, un mondo in fieri che si può stravolgere, devastare e ricostruire giorno dopo giorno, vivere una realtà non definita, incompiuta e incompleta, questo vuol dire vivere come veri giovani, essere giovani.
C’è un tempo per tutto e il tempo per sbagliare, costruire per abbattere, fare errori cento o duecento volte è proprio quello della gioventù che ha senso solo in virtù e in vista dell’arrivo ad una vita adulta, è una zona di transito che va oltrepassata e non vista come fine ultimo ma come tappa necessaria alla formazione di un adulto del prossimo futuro.
Un’ulteriore domanda viene posta a noi ascoltatori da Don Goccini: cos’è la Felicità, quella con la “effe” maiuscola ?
Felicità è indossare la propria esistenza dicendo “È mia”, e questa condizione si può raggiungere solo dopo aver scelto chi si vuole essere senza bisogno di maschere, contraffazioni o vestiti di sofferenza. Siamo stati diseredati dalla generazione precedente che si è rifiutata di lasciarci un’eredità culturale e morale; siamo stati esiliati, costretti a vivere in una società che non parla la nostra lingua, la lingua che abbiamo imparato per interpretare il mondo non è quella del posto in cui viviamo e ora possiamo solo balbettare rimuginando a come formulare i nostri sogni ormai condannati al disincanto, alla crisi e alla precarietà. Non puoi più sognare il tuo futuro nel modo in cui hai imparato perché le tue speranze cozzano col valore reale della società, con quello che concretamente il domani può offrirti.
In tutto questo clima di perenne cambiamento dunque, come vivono la fede i giovani ?
Qualche sacrificio non val più bene la vita eterna, l’Inferno non è nell’aldilà ma qui nella vita vera di tutti i giorni, tutto si sposta dal cielo alla Terra dove tutto sembra potersi compiere nello stesso modo in una luce più tetra e sinistra.
È avvenuto con noi un cambio radicale di paradigma rispetto all’età precedente; si è creata una generazione diversamente credente figlia di una società liquida, dissolta e sublimata.
I giovani hanno di fronte una Chiesa che non dà loro la freschezza evangelica di cui hanno bisogno, bensì sono bombardati da contraffazioni di fede “brandizzata”, dei pacchetti completi di credenza preconfezionata. È necessario un rinnovamento della fede radicale che scuota tutto quello su cui ci si basa da troppi anni alla radice.
La vita adulta va posta al centro della vita cristiana come momento di compimento in cui l’esistenza ritrova la sua bellezza.
Per riconquistarci, la Chiesa deve rinnovarsi, rileggere il Vangelo senza pregiudizi o statiche volontà di conservazione; deve attuarsi una rilettura svincolata dalla tradizione ormai retrograda e inattuabile alla nostra società anche riguardo le questioni più spigolose.
Dobbiamo tutti impegnarci ad andare oltre il già visto e il già detto, imbracciare l’impalcatura del cantiere per costruire un mondo migliore che faccia sentire noi giovani come fulcri che vanno ascoltati e guidati, amati e fatti gridare in virtù dell’audacia del loro spirito di cui bisogna servirsi e non vergognarsi.
Anche Don Goccini termina con una sapiente provocazione mirata a spronare gli adulti affinché aiutino noi giovani a scoprirci capaci di ritornare ad abitare una speranza in cui il nostro spirito ci suggerisca sogni audaci alla nostra portata.

E. V.