Tra gli Altri #2 – Per una spiritualità del quotidiano (I)

Pubblicato giorno 27 dicembre 2017 - In home page

"Figlioli, non amiamo a parole
né con la lingua,
ma con i fatti e nella verità"
(1Gv. 3,18)

Queste riflessioni sono un omaggio alla “piccola via” di santa Teresa di Lisieux: la santità nel quotidiano. É una via piccola perché non appariscente; la santità che vi è racchiusa non è sensazionale, né chiassosa, anzi rischia di essere misconosciuta; rifulge solo a chi ammira la vita nascosta di Gesù a Nazareth. Ma non basta; essi sono anche un commento al seguente testo della Gaudium et spes:

“Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell’una e dell’altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo.
Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno.
A loro volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali.
La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo.
Contro questo scandalo già nell’Antico Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di più Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi.
Non si crei perciò un’opposizione artificiale tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall’altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna.
Gioiscano piuttosto i cristiani, seguendo l’esempio di Cristo che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio” [1].

Una spiritualità fedele a questo testo è una spiritualità del quotidiano; vita santa che esce dagli spazi sacri – i templi – e dai tempi sacri – le feste – per irrorare il quotidiano: essere-di-Dio, stando nel mondo, per testimoniare l’importanza del mondo stesso; è in terra che ci si prepara per il cielo! In tempi di rinascente religiosità, non sempre assunta criticamente, vale la pena ricordare il frutto buono di quella teologia della secolarizzazione che tanto ha fatto parlare di sé in un passato non lontano; non si tratta di soprassedere su alcuni eccessi di quella teologia, né tantomeno di negare, ovviamente, ogni valore al tempo e allo spazio sacro, ma di rimanere in equilibrio e di non buttare con l’acqua sporca anche il bambino appena lavato. La “Chiesa in uscita” è una chiesa che vive tra gli altri, nel quotidiano e trasforma questo esodo in vita dell’anima e non in una parentesi pagata alle necessità ineliminabili dell’esistenza umana.
Ancora un’ultima precisazione sul senso di queste riflessioni. La misericordia, etimologicamente, è un “dare il cuore ai miseri”, ossia com-passione, fare proprio l’altrui dolore, sentire nella propria carne quanto provano i derelitti. La misericordia immunizza dal quel distacco che smaschera una generosità vissuta senza cuore perché appiattita sul puro dovere che impedisce alla buona azione di giungere ad essere un’azione buona o perché esercitata per professione come nell’assistenzialismo burocratizzato. Proprio perché la misericordia è com-passione, essa non può ridursi a gesto isolato, una tantum: “i poveri li avrete sempre con voi”… Ciò si traduce nella consapevolezza che solo la quotidianità può essere lo spazio ed il tempo adeguati alle esigenze della misericordia. La misericordia di Dio rivelata in Gesù è esemplare: la sua umanità è ospitalità divina del quotidiano vivere dell’uomo, prossimità vissuta ogni giorno e non occasionalmente.

F.G.

[1]  Gaudium et spes, 43: EV I/1454 (corsivo mio).