Fermenti #22 – Il criterio della “lettura degli avvenimenti”

Pubblicato giorno 21 novembre 2018 - In home page

Di fronte a tutto quello che accade non è serio pensare che sia “voluto” o “permesso” dal Signore, come se Lui fosse il burattinaio che sta al di sopra di tutto quello che succede, per muoverlo a piacimento: se è bello allora si dice che è Lui a volerlo; se è brutto, allora l’ha solo permesso.

Ciò che capita nella storia – nostra e degli altri – ha le sue motivazioni, che a volte riusciamo a capire, a volte non comprendiamo. Ci sono sempre delle cause precise, che non hanno nulla a che fare con Dio. Lui non ci mette lo “zampino”; non deve entrare in ogni cosa, come se fosse “il cacio sui maccheroni”, il “prezzemolo” per ogni condimento. Non è serio tirare in ballo Dio per ogni cosa. Dio “ha messo l’uomo nel giardino” (Gen. 2,15) del mondo e l’ha reso responsabile di esso. Gli ha dato la forza di volontà, l’intelligenza e le capacità perché “coltivasse e custodisse” (Gen. 2,15) il Giardino dell’Eden, perché scoprisse le leggi della natura, con tutte le loro conseguenze. Praticamente gli ha detto: “Sii tu il responsabile!”.

Nel corso della storia l’uomo si è dato da fare, ha fatto e continua a fare scoperte e invenzioni, da quelle della leva e della ruota a quelle dell’energia atomica e nucleare, con la sua utilizzazione buona e cattiva. Tuttavia si può vedere in tutto ciò che accade un “progetto”, una volontà di Dio che riesce a trarre persino il bene dal male. Anche qui un esempio magnifico. La morte di Gesù, Dio non l’ha certo voluta né programmata. Sono stati degli “uomini malvagi” (At. 2,23) che l’hanno ucciso inchiodandolo alla croce. Eppure Dio è intervenuto. L’ha risuscitato. Come si fa a saperlo? Come si arriva a questa convinzione? Basta vedere il capovolgimento che è avvenuto in uomini paurosi e inaffidabili prima della sua morte. Dopo sanno sfidare la morte, le autorità religiose delle quali prima avevano paura. Arrivare persino a dire: “Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini” (At. 5,29). Proprio gli stessi che erano fuggiti al momento dell’arresto di Gesù mostrano fierezza di essere maltrattati per lui: “Gli apostoli uscirono dal tribunale e se ne andarono contenti, perché avevano avuto l’onore di essere maltrattati a causa della morte di Gesù” (At. 5, 41). A queste persone ha dato di volta il cervello, oppure bisogna registrare un intervento da parte del Signore. Hanno fatto fatica a riconoscere Gesù risorto ma ne hanno tratto una forza sconvolgente.

Alla stessa maniera, nella storia è possibile vedere fenomeni simili che continuano a ripetersi. Il figlio di un mercante di stoffa, Francesco d’Assisi, riconsegna a suo padre persino i vestiti che indossava perché vuole vivere nella libertà da ogni condizionamento. Oppure in epoca più recente cardinali del conclave pensano di eleggere come papa un uomo di transizione che durerà poco, ecco che viene eletto un papa che osa convocare un Concilio che ha cambiato il volto della Chiesa. Anche le quotidiane gustose sorprese di papa Francesco vanno proprio in questa direzione. Ciò che vale per gli avvenimenti della vita della Chiesa, ciò deve valere anche per ciascuno di noi. Non posso dire in anticipo: “È questo che il Signore vuole da me” perché nessuno ha il filo diretto con Dio. È anzi pericoloso far dire a Lui quello che vuole perché speriamo coincida con quello che vogliamo noi, con il nostro desiderio e il nostro modo di pensare. Mai dimenticare l’affermazione della Bibbia: “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is. 55,9). Quando l’amore è vero, cioè simile a quello di Cristo, il nostro agire può essere segno vivo della presenza di Cristo, ma ci vuole la capacità di scrutare se stessi. Un solo esempio: quante persone il giorno del loro matrimonio dicono: “È il Signore che ci ha fatto incontrare e che ci unisce nell’amore”. E l’amore per il cristiano dovrebbe durare tutta una vita. Eppure le delusioni, lo scoraggiamento, gli avvenimenti tristi e imprevisti possono portarci a conclusioni opposte. Solo alla fine della vita di uno o di ambedue si può dire della qualità di un amore. Le orme di Dio si scoprono solo guardando nel futuro. Può essere vocazione quella di coniugi che trascinano una vita di “sopportazione”, di “opportunismo”, per paura di aver fatto scelte sbagliate o immature. È meglio non nominare il nome di Dio quando ci si trova confrontati con scelte e decisioni che riguardano il presente. Dio può solo accompagnare le scelte libere dell’uomo.

Luigi Taliani