I Segni dei Tempi #13 – Territorio e Partecipazione

Pubblicato giorno 16 maggio 2018 - In home page

Guardare il Territorio significa riconoscere un “insieme di patrimoni” ambientali, economici, artistici, identitari e relazionali. Ad ognuno di noi è molto chiaro il significato di alcuni tipi di patrimonio, mentre per altri sono meno evidenti il valore e il senso. Ad esempio il patrimonio relazionale, la veglia reciproca, l’approssimarsi l’uno all’altro è di gran lunga sottovalutato e troppo spesso dato per scontato, quasi che la trama delle relazioni tra singoli, famiglie, imprese e istituzioni sia il frutto spontaneo di qualche specie arborea del nostro territorio. Ho voluto richiamare la relazione, anche trattata in altri articoli, perché fondante la vita in un territorio.

Con questo articolo analizziamo altri aspetti importanti della vita del nostro ambiente con i quali dobbiamo fare i conti tenendo sempre presente quello riportato nel primo paragrafo.

Primo aspetto: la globalizzazione con la conseguente delocalizzazione delle attività produttive (vedi i tanti calzaturifici portati all’estero) e le grandi multinazionali che condizionano le attività lavorative e la vita di migliaia di persone. Ciò comporta una economia senza territorio, fare i conti con la disoccupazione, con la difficoltà di creare famiglie, con giovani che partono per l’estero.

Secondo aspetto: l’immigrazione. E’ ridicolo pensare che possa essere bloccata con le navi da guerra nel Mediterraneo o con il filo spinato lungo le Alpi. Questo fenomeno sociale ci obbliga a ridefinire la nostra identità sociale, culturale e religiosa.

Terzo aspetto: risorse e problemi. Il territorio costituisce lo spazio dove filiere corte delle relazioni sociali riescono a sconfiggere molti lati negativi della società moderna: uno su tutti è la lotta contro l’individualismo. Nello stesso tempo le filiere corte sono anche il luogo primario dove si intrecciano affari e politica, dove altresì può svilupparsi la cattiva pianta della malavita organizzata. Oggi, a Macerata, basta pensare allo spaccio di droga ed il proliferare della ludopatia.

Da queste tre sfaccettature quali possono essere le indicazioni/proposte che emergono?

La prima: conoscere il territorio dove si vive. E’ necessario seguire le indicazioni di Papa Francesco che nella Evangelii gaudium al n.231 ci dice che “la realtà è superiore all’idea”. Non si può vivere di impressioni, di precomprensioni, di percezione della realtà senza conoscere la verità dei dati, dei fenomeni, ecc. E’ necessario tornare al metodo educativo dell’Azione Cattolica che nel trinomio “vedere – giudicare – agire” ha impegnato i cattolici nella vita sociale e politica. Anche qui un esempio aiuta a capire: gli stranieri a Macerata sono il 9,2% della popolazione, la percezione è che siano oltre il 30%. Gli slogan sparati da alcuni politici razzisti fomentano la paura del diverso e non aiutano a conoscere la realtà. Naturalmente è vero che l’accoglienza deve essere sempre collegata con la legalità e con l’integrazione: accoglienza senza le altre due è solo buonismo, la legalità senza il resto è autoritarismo, l’integrazione non esiste se non c’è accoglienza e legalità.
Conoscere significa prendere coscienza delle questioni sociali, della povertà assoluta per alcuni e ricchezza sfrenata per altri, dei NEET, delle ricchezze artistiche, ecc.

La seconda: conoscere il territorio come spazio comunitario. Uno spazio dove si valorizzano le relazioni. Il card. Bassetti, durante la riunione del consiglio permanente della Cei il 22 gennaio scorso diceva”C’è poi un’urgenza spirituale di ricucire ciò che è sfilacciato. Ricucire la comunità ecclesiale italiana, esortandola a interpretarsi nell’orizzonte della chiesa universale. Ricucire la società italiana, aiutandola a vivere come corpo vivo che cammina insieme …. Ricucire significa, quindi, unire.”

All’interno dello spazio comunitario bisogna riconoscere il giusto valore a quelle realtà che vengono definite come “corpi intermedi”, ovvero le associazioni di rappresentanza (Sindacati e Organizzazioni datoriali), di volontariato, di promozione sociale, associazioni culturali e sportive. Questo patrimonio associativo è eredità ma è anche compito da assolvere in questa epoca individualista e dove il metodo e le tecniche del mercato condizionano la vita. Rappresentare un territorio significa allora sostenere gli attori nella costruzione di una rappresentanza condivisa e nella capacità di narrare le proprie aspettative, desideri, sogni e progetti.

La terza: nello spazio comunitario si vive la democrazia ed i partiti hanno un ruolo. La democrazia è un’esperienza storica che va sempre alimentata. Sempre più spesso si parla di disagio o di fragilità della democrazia perché un falso efficientismo vuole decisioni rapide ed immediate nelle realizzazioni. La democrazia rappresentativa, pur se necessita di efficienza ed efficacia, vuole anche un confronto, una elaborazione, una co-decisione, deve essere anche una “democrazia governante” che assume decisioni e le realizza.
L’altra faccia della fragilità della democrazia è la scarsa fiducia che si ha nei partiti e nelle istituzioni. Troppe volte sono intesi come soggetti affaristici e non elaboratori di proposte che affrontano temi complessi come quelli descritti nella prima parte: accoglienza dei diversi, povertà, globalizzazione, ecc.
Conclusione. Noi aiutati dalla chiesa e da questa unità pastorale dobbiamo saperci educare alla vita democratica cioè formare alcuni componenti la comunità ecclesiale alla vita pubblica, alla vita politica e alla partecipazione come cittadini attivi alla vita sociale.

Piergiorgio Gualtieri