I Segni dei Tempi #4 – Essere responsabili, essere presenti

Pubblicato giorno 5 gennaio 2018 - In home page

Dopo aver riflettuto brevemente sul tema del lavoro e prima di affrontare qualche altro filone proposto dalla DSC, è necessario porre l’attenzione sul ruolo dei laici così come tratteggiato in alcuni Documenti conciliari ed in quelli della Chiesa Italiana.

Al n. 31 della Lumen Gentium si dice: “Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali ed ordinandole secondo Dio”. Nel n. 36:”… raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace”, e nel n. 37: “i Pastori riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e campo di agire perché intraprendano delle opere anche di propria iniziativa”.
Solo da queste poche righe si evince che compito dei laici è la gestione delle cose del mondo, della giustizia sociale, della pace e della carità ed i Pastori debbono aiutarli in questo percorso promuovendo una formazione specifica.
I laici non hanno altri compiti caratteristici. Tutti gli altri sono aggiuntivi e secondari. Al contrario nella Chiesa italiana hanno tanti compiti ma molto raramente quelli che sono stati affidati loro dal Vaticano II.
L’Apostolicam Actuositatem al n. 7 ribadisce con forza:”Ai laici tocca assumere la instaurazione dell’ordine temporale come compito proprio …”.
Tutto questo significa impegnarsi nel promuovere il Bene Comune, nella gestione della Res Publica, nell’Amministrazione della Città e del Paese e quindi essere attivi nella Politica. Significa impegnarsi nella difesa dei più deboli nel mondo del lavoro o per chi non ha lavoro e quindi essere attivi e presenti nel Sindacato. Significa vivere nella veglia reciproca e quindi attivi nel volontariato.
In un famoso documento della Cei “La Chiesa italiana e le prospettive del Paese” al n.33 si dice: “C’è innanzitutto da assicurare presenza, il rifugio nel privato, la delega in bianco non sono leciti a nessuno, ma per i cristiani sono peccato di omissione“, al n.34: “Dovere della Chiesa, insomma, è principalmente quello di formare i cristiani, in particolar modo i laici, a un coerente impegno, …” e al n.35: “Tocca poi ai laici agire direttamente nelle strutture pubbliche in coerenza con la fede e la morale cristiana”.
Si può essere più chiari di così! Ciononostante quelle che sono state le indicazioni della Chiesa italiana molto raramente vengono prese sul serio. Prevale la paura di dispiacere, la paura che se un educatore sceglie un partito può creare divisioni, può non essere accettato. Penso sia solo segno di immaturità e, ancora una volta, non aver concretizzato quello che la stessa Cei ha detto dopo il Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona al n. 26: “Occorre pertanto creare nelle comunità cristiane luoghi in cui i laici possano prendere la parola, comunicare la loro esperienza di vita, le loro domande, le loro scoperte, i loro pensieri sull’essere cristiani nel mondo. Solo così potremo generare una cultura diffusa, che sia attenta alle dimensioni quotidiane del vivere. Perché ciò avvenga dobbiamo operare per una complessiva crescita spirituale e intellettuale, pastorale e sociale, frutto di una nuova stagione formativa per i laici e con i laici, che porti alla maturazione di una piena coscienza ecclesiale e abiliti a un’efficace testimonianza nel mondo”.

Insomma necessita una Agorà diocesana dove ci si possa confrontare senza “scomunicarsi” a vicenda, maturare impegni e presenze, essere attenti ai bisogni odierni perché capaci di leggere i “segni dei tempi”. Nel documento conciliare Gaudium et Spes al n.4 si dice: “… è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico“.
Auguriamoci di iniziare questo cammino comunitario.

Piergiorgio Gualtieri