I Segni dei Tempi #7 – La forma più alta ed esigente della carità

Pubblicato giorno 23 febbraio 2018 - In home page

Con queste parole Paolo VI ed oggi Papa Francesco hanno definito l’attività politica. Perché è definita forma di carità? Perché si interessa del Bene Comune cioè del Bene di tutti e di ognuno contemporaneamente.
Già immagino come sia facile dire che questa non è, normalmente, l’esperienza che abbiamo dell’impegno politico. Eppure questa è l’indicazione che abbiamo e per la quale dobbiamo lavorare per realizzarla.
Prego il Signore – scrive Francesco – che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri”.  Politici che abbiano cura dei più deboli: gli affamati, i disoccupati, i senza tetto, gli immigrati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, i bambini ancora nel grembo delle madri. Tutti gli sfruttati e quanti la società attuale dello scarto ha trasformato in rifiuti, “avanzi”, perché oggi, in questa “economia che uccide”, le “persone sono meno importanti delle cose che danno profitto a quelli che hanno il potere politico, sociale, economico”.

Questa è la missione affidata ai laici che debbono gestire le cose del mondo invece abbiamo generato una élite laicale credendo che sono impegnati solo quelli che lavorano in ‘cose di preti’. Allora quali sono le piste da seguire? Proviamo a tratteggiare, forse solo per titoli, alcuni passaggi tratti dai documenti della Chiesa.
Partiamo da una certezza. La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l’opera di coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità (G.S. 73-76). È pur vero che ogni stima deve essere conquistata coltivando il senso della giustizia, dell’amore, della pace e del servizio al bene comune e alla dignità della persona. Stima conquistata attraverso una formazione adeguata.
Da un famoso documento della Cei “La Chiesa italiana e le prospettive del Paese” estrapolo due indicazioni: al n.33 si dice:”C’è innanzitutto da assicurare presenza, il rifugio nel privato, la delega in bianco non sono leciti a nessuno, ma per i cristiani sono peccato di omissione”, al n.34:”Dovere della Chiesa, insomma, è principalmente quello di formare i cristiani, in particolar modo i laici, a un coerente impegno, …”. È facile capire che il primo luogo dove è necessaria la presenza dei cattolici è nella politica, è dovere dei cristiani l’andare a votare. A Papa Francesco è stata fatta la domanda se un cattolico si può immischiare nella politica, la risposta è stata “Deve!” E’ altrettanto facile pensare come sia necessario ricostituire luoghi, all’interno delle comunità ecclesiali, dove si garantisca una formazione socio-politica adeguata. Ormai sono anni che nella nostra Diocesi non si opera in questo senso. I presbiteri, forse, non sono interessati o competenti per tale servizio quindi dovranno essere i laici, facendosi aiutare da persone professionalmente preparate e a Macerata ce ne sono, ad organizzare una scuola per preparare giovani a diventare Amministratori Comunali, Consiglieri Regionale e Deputati, a diventare animatori di Associazioni di Volontariato che sono il primo luogo dove si sperimenta la cittadinanza attiva. Molte, non tutte, opzioni politiche sono legittime quindi è necessario sperimentare la capacità di dialogare con persone che la pensano in maniera diversa ma che perseguono il Bene Comune. E’ necessario recuperare un dialogo aperto e rispettoso che ricerca le convergenze possibili.

La formazione all’impegno, alla presenza, alla giustizia deve partire dai primi anni della presenza dei bambini nella comunità ecclesiale, catechisti, educatori e formatori sono chiamati a tale compito. Forse i responsabili della Pastorale giovanile possono iniziare ad affrontare alcuni temi nella normale e quotidiana attività pastorale quali la cultura dell’incontro, la solidarietà, la dignità della persona, la giustizia sociale, la condanna del razzismo.
La conferma di tutto questo è in un altro documento della CEI quando dice che la missione della chiesa è “Educare alla socialità, agire per la trasformazione del mondo del lavoro, formare all’impegno politico e a una prassi economica umanizzata, coinvolgersi nella gestione delle realtà terrene è dunque fare missione, evangelizzare a tutto campo il sociale e il politico”. Questo compito educativo forma anche alla capacità del discernimento cristiano nella vita quotidiana e nella storia.
In un altro documento conciliare, Inter Mirifica, al n. 11 si dice che autori, giornalisti e tutti coloro che utilizzano le comunicazioni sociali debbano regolare i loro interessi economici, politici o artistici in maniera da non andare contro il Bene Comune. Al contrario, vedi il periodo della campagna elettorale, i mezzi di comunicazione sociale molto raramente aiutano a capire la Verità socio-politica. Sono più portati ad essere ideologici e a piegare la verità a favore della propria parte economica o degli interessi degli editori. Basta pensare allo spazio che nei giornali si è dato alle promesse elettorali chiaramente false e irrealizzabili.

Ci fermiamo qui anche se il tema socio-politico meriterebbe ben altra trattazione e forse in seguito riprenderemo qualche aspetto. A riprova della necessità dell’impegno dei cristiani è l’ultima ricerca Oxfam: “L’82% dell’incremento di ricchezza globale registrato l’anno scorso è finito nelle casseforti dell’1% più ricca della popolazione, mentre la metà più povera del mondo (3,7 miliardi di persone) ha avuto lo 0%”.

Testi consigliati:
Gaudium et Spes (Vaticano II);
Inter Mirifica (Vaticano II)
Sollecitudo rei socialis (Giovanni Paolo II);
La Chiesa Italiana e le Prospettive del Paese (CEI)
La formazioe all’impegno sociale e politico (CEI);
Le comunità cristiane educano al sociale e al politico (CEI);
Oxfam (Ricerche)

Piergiorgio Gualtieri