I Segni dei Tempi #3 – Il lavoro che vogliamo (parte 2)

Pubblicato giorno 22 dicembre 2017 - In home page

“Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale” (seconda parte)

“Senza lavoro non c’è dignità”. Troppi giovani sono senza lavoro o con lavori irrisori e precari. La precarietà nel lavoro aumenta la precarietà nella vita, nella famiglia e nelle scelte. Per questo è necessario cercare soluzioni, magari utopiche o frutto di sogno, che donino dignità.
Negli anni 90 uno slogan primeggiava nel mondo del lavoro “Lavorare meno, lavorare tutti!”. Oggi si può declinare in altra maniera. Una politologa canadese, Jennifer Nedelsky, ci offre due indicazioni: tutti gli adulti abili al lavoro siano impiegati a tempo parziale con un salario capace di far vivere dignitosamente tutta la famiglia e, seconda indicazione, valorizzare le “attività di cura” non come caratteristica del genere femminile ma di tutte le persone.
Concretamente lavoro a tempo parziale significa passare dalle 40 alle 20-30 ore settimanali. Serve un cambiamento di mentalità, di cultura e di legislazione. Le persone apprezzerebbero le attività di cura e l’utilizzo del tempo libero per diminuire lo stress e superare il dire continuo “ho poco tempo!”.
Vale la pena specificare qual è il lavoro di cura. Non solo quello della baby sitter o della badante ma mantenere marciapiedi sicuri spalando la neve, fare compagnia ad un malato e aiutare chi è depresso. Prendersi cura dei beni comuni, un giardino pubblico, la biblioteca comunale. Per questo vedi il sito “labsus.it”, ma anche il Regolamento sull’uso dei Beni Comuni preparato dal Comune di Macerata.
Perché questa proposta? Tre motivi: l’insostenibile organizzazione del lavoro e della vita familiare che sovraccarica di stress le famiglie. La seconda criticità è quella dell’uguaglianza. La categoria più esposta alla disuguaglianza è il genere femminile. Il carico lavorativo è troppo sbilanciato a carico delle donne le quali dopo il lavoro fuori casa ne fanno altrettanto dentro casa. C’è un terzo motivo, si tratta del divario tra le politiche pubbliche e l’attività di cura, più si conosce e sperimenta quest’ultima più ci saranno politiche lavorative degne di questo nome.
E’ sogno? E’ progetto irrealizzabile? Bisogna avere sogni ma, dopo, faticare, interrogarsi; le semplificazioni non aiutano, occorre guardare con attenzione dentro il proprio tempo e poi mettersi in cammino.
In questo bisogno di lavoro dove la stabilità vale più dell’aumento salariale, qual è l’impegno della comunità ecclesiale? La risposta la mutuo dall’intervento/impegno del Card. Gualtiero Bassetti a Cagliari durante la Settimana Sociale dei Cattolici.
Il Presidente della Cei tratteggia tre filoni di pensiero e di impegno.

A- Rinnovare la riflessione sul lavoro (una nuova teologia del lavoro) fondata su due aspetti: condannare chi vuole ridurre uomo e ambiente a semplici oggetti da sfruttare e, dire con forza, che il lavoro è a servizio della persona umana e non viceversa. Questa seconda riflessione prevede il tempo del riposo, della veglia reciproca, della cura della famiglia, dei figli, del volontariato. Insomma tutto deve essere orientato alla dignità della persona.
B- Valorizzare il sistema Paese. Che vuol dire? Il mondo del lavoro troppo spesso mette al centro il profitto invece che la persona senza assicurare ad essa sicurezza e autonomia. Questa scelta favorisce le generazioni più “vecchie” sia nel reddito che nell’occupazione buona. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: i giovani emigrano! La Chiesa italiana sceglie tre possibili piste per la promozione del lavoro. L’attività degli oratori come “LabOratori” per favorire i Cercatori di LavOro (cfr www.nexteconomia.org). Seconda pista far si che parrocchie e diocesi si organizzino per essere luoghi di indirizzo per cercare un lavoro utilizzando anche una sezione del sito della Cei. Infine le borse di lavoro, da creare a livello diocesano, per favorire il lavoro in particolare dei NEET attraverso un protocollo con le organizzazioni dei datori di lavoro.
C- Favorire una politica coraggiosa per il Bene Comune. L’imperativo è il prendersi cura della popolazione a partire dai poveri e dai giovani. La Chiesa proporrà un grande Piano di sviluppo per l’Italia che si fondi sulla famiglia e sulla messa in sicurezza del territorio.
Famiglia significa provvedimenti di natura fiscale, nuovi asili nido per favorire la maternità e la paternità, nuovo rapporto con il lavoro e con il tempo libero per favorire le relazioni.
Sicurezza del territorio significa prevenire le calamità naturali e fare investimenti pubblici e privati per favorire l’occupazione di laureati in materie scientifiche ed umanistiche, di operai specializzati e di manovali.
Insomma far si che il Piano di sviluppo per l’Italia si fondi sulle migliori energie morali del paese, sui giovani talenti e su tutti coloro che hanno a cuore l’Italia.

Piergiorgio Gualtieri