Tra gli Altri #1- Il Vangelo: una questione di stile

Pubblicato giorno 22 novembre 2017 - In home page


Sulla spiritualità dei fedeli laici…

Inizio questa rubrica mensile semplicemente perché mi piace scrivere. Non so se ad altri piacerà leggermi, ma l’opportunità che mi è data di digitare parole mi invoglia così tanto da non provare alcun genere di inibizione. Questa è la sfacciataggine di chi, compilando testi nell’intimità di una serena solitudine, non si troverà mai a dover decifrare la mimica del volto di lontani lettori. Il relatore non ha questa fortuna: l’immediata presenza di chi lo ascolta lo obbliga ad una tensione maggiore, ma anche ad un esercizio di potere nei confronti delle parole che pronuncia, nel tentativo di mantenerle nell’alveo del significato da lui prescelto. Certamente c’è un prezzo da pagare per questo privilegio: se chi scrive non avverte la pressione dell’immediatezza dell’interlocutore, non ha però neppure la possibilità di rettifica o precisazione e per questo deve lasciare che le parole che incide nel foglio bianco vadano per la loro strada e sortiscano effetti talvolta incontrollabili e persino non voluti. Ma a me piace dare esistenza a pagine che vivranno di vita propria. Ho sempre ammirato coloro che sanno porre limiti al loro potere; a cominciare da Dio.

Ma quale spazio tematico vuole attraversare questa rubrica? Considero il Vangelo una scrittura che ha un’inesauribile Vita propria e che da secoli ispira l’agire di molti uomini, credenti e non. Grazie al Concilio Vaticano II, esso ha ritrovato una più adeguata collocazione nell’azione della Chiesa; direi che il Vangelo oggi è concreta ed effettiva possibilità di crescita spirituale del Popolo di Dio. Ecco, io vorrei parlare della spiritualità dei fedeli laici, di quelli che, anche se talvolta solo ad intermittenza, si lasciano interrogare dal Vangelo e non temono neppure di porre domande impertinenti a chi del Vangelo si presenta come maestro.
Ancora una premessa desidero chiarire e riguarda proprio il concetto di “spiritualità”. Nell’intendimento comune questa parola richiama quei segmenti della nostra esistenza che trascorriamo negli spazi sacri, tra preghiere e celebrazioni di sacramenti o, al massimo, indica la vita di speciali uomini e donne consacrate: suore, preti, frati, monaci. Vorrei correggere questa ingiusta diminuzione e ridare al termine lo spessore che gli è proprio.
In generale, la “spiritualità” è la forma, lo stile che portiamo nei luoghi che ogni giorno attraversiamo, siano essi di lavoro o di divertimento, uffici o fabbriche, pubbliche piazze o intimi spazi domestici. La natura, benché meravigliosa e travolgente nella sua maestosità, non ha stile; questo appartiene solo agli uomini e alle donne. Lo stile accompagna e distingue ciascuno, è la sua personalità; è un impasto di carattere, esperienze, abitudini, inclinazioni per lo più vissute inconsapevolmente: noi non possediamo uno stile, ma è lo stile a possederci.
In particolare, con l’espressione “spiritualità dei fedeli laici” intendo la forza creatrice del Vangelo che plasma lo stile del quotidiano vivere del Popolo di Dio; esso manifesta la fecondità d’una Parola scritta che, come la pioggia, non ritorna al cielo senza aver portato frutto. Insomma, parlare della “spiritualità laicale” significa raccontare le quotidiane fatiche e gioie di chi vive le penultime realtà terrene non come una fastidiosa appendice che disturba la purezza della fede, ma come la regale porta d’ingresso al definitivo Regno dei cieli. “Non c’è luogo più santo di quello in cui ti trovi” amava ripetere Divo Barsotti.
Infine, poiché la “spiritualità dei fedeli laici” ha la forza della testimonianza quotidiana, da subito sarà necessario riflettere sul senso di giorni feriali che apparentemente si ripetono anonimi. Ma di ciò scriverò la prossima volta.

F.G.