Tra gli Altri #8 – La mistica della fraternità (III)

Pubblicato giorno 19 ottobre 2018 - In home page

Resistere allo gnosticismo: i familiari rapporti tra laici e pastori (LG 37)

Papa Francesco, a partire dal Convegno di Firenze, è tornato più volte nei suoi discorsi e scritti sulla tentazione dello gnosticismo. “Essa porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale però perde la tenerezza della carne del fratello (…) Non mettere in pratica, non condurre la parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia”. Ci sono delle cose che sappiamo da tempo, almeno da 50 anni, ma che ancora stentano a trasformarsi in realtà.

“I laici, come tutti i fedeli, hanno il diritto di ricevere abbondantemente dai sacri pastori i beni spirituali della Chiesa, soprattutto gli aiuti della parola di Dio e dei sacramenti; ad essi quindi manifestino le loro necessità e i loro desideri con quella libertà e fiducia che si addice ai figli di Dio e ai fratelli in Cristo. Secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa. Se occorre, lo facciano attraverso gli organi stabiliti a questo scopo dalla Chiesa, e sempre con verità, fortezza e prudenza, con rispetto e carità verso coloro che, per ragione del loro sacro ufficio, rappresentano Cristo. I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa, seguendo in ciò l’esempio di Cristo, il quale con la sua obbedienza fino alla morte ha aperto a tutti gli uomini la via beata della libertà dei figli di Dio. Né tralascino di raccomandare a Dio con le preghiere i loro superiori, affinché, dovendo questi vegliare sopra le nostre anime come persone che ne dovranno rendere conto, lo facciano con gioia e non gemendo (cfr. Eb 13,17).

I pastori, da parte loro, riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e margine di azione, anzi li incoraggino perché intraprendano delle opere anche di propria iniziativa. Considerino attentamente e con paterno affetto in Cristo le iniziative, le richieste e i desideri proposti dai laici e, infine, rispettino e riconoscano quella giusta libertà, che a tutti compete nella città terrestre.

Da questi familiari rapporti tra i laici e i pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si afferma nei laici il senso della propria responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all’opera dei pastori. E questi, aiutati dall’esperienza dei laici, possono giudicare con più chiarezza e opportunità sia in cose spirituali che temporali; e così tutta la Chiesa, forte di tutti i suoi membri, compie con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo” [1].

La logica di queste parole è chiara, non altrettanto nitidi sono i gesti concreti che dovrebbero “portare a realtà le parole”; è scarsa volontà di resistere all’agnosticismo?

Allargando l’orizzonte oltre lo gnosticismo clericale, bisogna pure avere la forza di confessare come, di fatto, l’intimismo che preclude la fraternità sia una piaga diffusa a molti livelli nella vita delle realtà ecclesiali. Pensiamo all’individualismo delle famiglie che idolatrano il privato a discapito della comunità; quello dei fedeli laici che non sanno pregare per i loro pastori e ne deridono le debolezze; quello di preti e vescovi che, non credendo nei fatti al sensus fidei fidelium, vedono i laici solo come esecutori o, quando questi con coraggio si avventurano in manifestazioni di leale dissenso, come scocciatori; quello di movimenti e gruppi che sono talmente preoccupati della salvaguardia della loro identità da non sapersi più fare “tutto a tutti, greco con i greci e giudeo con i giudei”; quello di parrocchie o diocesi che non sanno condividere risorse umane ed economiche con altre parrocchie e diocesi; quello di preti o vescovi che, quando cambiano parrocchia o diocesi, spazzano via tutto l’esistente come se la chiesa iniziasse con loro.
Nella lettera pastorale dei vescovi marchigiani per i consigli pastorali diocesani e parrocchiali del 2015 si richiama l’urgenza di realizzare “la logica integrativa tra le parrocchie e tra le parrocchie e la Chiesa particolare”: resistiamo all’agnosticismo, alla mera formulazione di verità teologiche o pastorali e portiamo “la parola alla realtà”!

[1] Lumen Gentium, n.37

FG