
Oggi, nella seconda domenica dopo Natale, abbiamo l’occasione di ripensare con serenità al mistero dell’incarnazione, riascoltiamo il prologo del vangelo di Giovanni e ricerchiamo il senso della vita, per noi stessi e per gli altri, senza rischiare di vivere con superficialità e “inappetenza” questo nuovo anno che il Signore ci regala.
Il prologo, nella sua andatura lenta e solenne, nei suoi fasci di luce che, come faro, attraversano duemila anni di storia e raggiungono le nostre “povere” vite e il “Verbo che si è fatto carne”, storia, sorriso, lacrima, carezza, dolore e morte sono una verità che stravolgono il senso della storia, ma imprimono una novità che niente e nessuno potranno mai fermare.
Dio “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” in quel tempo, in ogni tempo, in quell’umile spazio di Palestina e in ogni orizzonte dove l’uomo si interroga sulla brevità della sua vita, a fronte dei grandi desideri del suo cuore.
Il “Verbo fatto carne” riguarda l’uomo che vede il susseguirsi dei giorni dietro le sbarre di un carcere o di un letto di ospedale; riguarda la donna ferita negli affetti della famiglia, riguarda il giovane laureato che vede davanti solo muri invalicabili…
Dio abita in noi!
Accanto a ciascuno di noi c’è Gesù che ci incoraggia a sperare, che porta con noi il peso della solitudine, che si avvicina a noi, discepoli di Emmaus o pastori della notte di Natale, per “regalare certezze e carezze”; c’è Lui che ci abbraccia, ci carica sulle sue spalle e ci aiuta a camminare.
UN ESERCIZIO E UNA PREGHIERA – abitare
Gesù ci accompagna in questo nuovo anno e abita la nostra storia perchè Lui, per primo, ha sperimentato i sentimenti che affollano il nostro cuore e anche Lui ha avuto paura.
Lasciamoci fare da Chi ci conosce e ci ama!
(dal sussidio liturgico-pastorale “Avvento e Natale”, ed. San Paolo)