Uniti, nella preghiera – Santo Stefano: Le parole sovversive dei martiri

Pubblicato giorno 25 dicembre 2020 - In home page

La storia del primo martire sembra stonare con il clima del Natale, ma la preziosità di qualcosa si misura da quanto si è disposti a perdere per quel qualcosa. Sapere che Stefano sia stato disposto a morire per amore di Cristo ricorda a ciascuno di noi che a Natale non è nato un bimbo qualunque, ma un Bambino per il quale un giorno schiere di persone preferiranno dare la vita, pur di non rinnegarlo.

Oggi si festeggia la nascita al cielo di Stefano, tra il suo sangue e gli insulti degli uccisori.

“Signore Gesù, accogli il mio spirito”, Stefano si rivolge al Padre con fiducia così come anche Gesù, nella sua passione, morte e resurrezione, si è rivolto al Padre.

Stefano, come Gesù, perdona i suoi uccisori. Stefano ci insegna a vivere da cristiani. Stefano ci insegna ad amare.

“Quando vi consegneranno, non preoccupatevi di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”.

Le ultime parole del primo martire mostrano che egli ha fatto veramente esperienza di Dio, di Gesù, dello Spirito Santo di cui è ricolmo e del Padre che contempla nei cieli aperti.

Come la sua, anche la nostra testimonianza cristiana può sgorgare solo da un intenso incontro, da una vera rivelazione con Dio.

I più grandi martiri sono morti con queste due parole sovversive: “Ti perdono”.

 

UN ESERCIZIO E UNA PREGHIERA – il rischio di amare

Il Signore ci ha amati per primo, il Signore ci ha scelti.

Esponiamoci al rischio dell’amore e saremo testimoni silenziosi ed efficaci di una gioia serena, luminosa, contagiosa che non ci abbandonerà e raggiungerà il mondo intero nella fiducia che “lo spirito del Signore è su di noi”.

 (dal sussidio liturgico-pastorale “Avvento e Natale”, ed. San Paolo)